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Gentile Daniele, gentile Simona,

i Responsabili di questo ufficio vi comunicano quanto segue:


Il Consolato Generale d’Italia a Mosca e’ competente al rilascio dei visti ai cittadini della Federazione Russa, mentre le sole Rappresentanze Diplomatiche della Federazione Russa all’estero hanno la competenza al rilascio del visto d’ingresso in Russia.

Il percorso del vostro viaggio si svolge in aree sconsigliate dal sito internet della Farnesina (quali la Cecenia e il Daghestan), pertanto il richiesto intervento sulle autorita’ russe e’ da ritenersi escluso. Vogliate quindi valutare percorsi alternativi alla Federazione Russa.

L’avvicinamento

Tutto è cominciato nel momento in cui abbiamo ricevuto questa email dal Consolato Generale d’Italia a Mosca, che tradotto significa “niente visto per entrare in Russia”. Dopo 3 lunghe settimane di email, telefonate, visite al Consolato di Russia ad Istanbul, riceviamo questa bella notizia. Il secondo dei sette passi che ci siamo prefissati di scalare, il Jvari Pass, si trova esattamente al confine tra Georgia e Russia, il picco è proprio al check point di Kazbegi.

Quindi niente visto, niente passo. Potremmo certo scalarlo e poi tornare indietro, ma avevamo selezionato il Jvari Pass proprio perché ci permetteva, scalandolo, di passare dall’Europa Orientale all’Asia. Salendo e scendendo per la stessa strada, restando in Georgia, il passo perde completamente di senso, senza nemmeno attraversare il Caucaso. Allora cosa facciamo? E’ difficile prendere una decisione, il nostro progetto è chiaro, ora cambiare passo potrebbe confondere le idee a molti, non solo, ma quale passo andiamo a fare? In Turchia? In Armenia? Dove? Tra ricerche in internet e consigli di amici, troviamo il Cam Geçidi, 2470 metri, nella catena montuosa Kaçkar, tra le cittadine di Artvin ed Ardahan.

Siamo in Cappadocia quando prendiamo questa decisione, l’inverno ha già fatto capolino abbassando le temperature e regalandoci la prima nevicata della stagione. Nevicata che ci impedisce di godere il posto in cui siamo (la Cappadocia) ma che ci fa capire che l’abbigliamento invernale a nostra disposizione è ancora insufficiente. Stiamo per entrare nella zona più fredda della Turchia, quella per cui tutti i nostri amici turchi ci stanno mettendo in guardia, per la quale continuano a dirci che siamo dei pazzi ad avventurarci lì con le nostre biciclette, e qualcosa ancora manca nella nostra attrezzatura. I nostri guanti da arrampicata su ghiaccio, sembrano essere insufficienti per pedalare a -3, 2 strati di calzini non impediscono ai piedi di gelare, ed i nostri copertoni posteriori sembrano essere troppo consumati e lisci per affrontare la neve ed il ghiaccio. Gli scenari che i nostri amici descrivono farebbero davvero desistere qualsiasi impavido viaggiatore: metri e metri di neve, strade bloccate, camions ribaltati a causa delle lastre di ghiaccio sulla strada, temperature intorno ai -25! Invece la nostra reazione è: dobbiamo  attrezzarci meglio! Vogliamo pedalare in montagna al freddo: ci portiamo dietro dall’Italia, cioè da 5 mesi e più di 5000 chilometri, tanto materiale invernale..lo vogliamo finalmente usare! Per arrivare al passo dobbiamo attraversare le cittadine di Kayseri, Sivas, Erzincan, Erzurum ed Ardahan, tutte al di sopra dei 1000 metri. Non solo ma la strada che dobbiamo percorrere è tutta un bel saliscendi con passi fino a 2300 metri. Insomma, ci aspettano giorni duri!

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La dura serie di sette passi consecutivi affrontati nelle Kaçkar Mountains

La nostra prima preoccupazione è comunque il freddo, così i giorni che seguono sono fatti di pedalate e tante salite, ma anche di telefonate ed ordini on line. Arriviamo a Sivas che l’inverno non è più alle porte, ma ha decisamente fatto il suo ingresso! Tant’è che i soli 1400 metri del Seyfebeli Geçidi (che significa “passo”) si rivelano molto impegnativi, dato che dal momento in cui montiamo in sella a Sivas a quando ci fermiamo per dormire, non ha fatto altro che nevicare, tra l’altro con vento contrario!

Ad Erzurum – cittadina a 1800 metri di quota, con 400.000 abitanti ed una università al cui confronto La Sapienza è un buco – ci concediamo qualche giorno di riposo, facendo  manutenzione alle biciclette, ricevendo gli ultimi pacchi di materiale anti-freddo e divertendoci grazie alla compagnia dei nostri padroni di casa. Lasciamo la cittadina in una fredda mattina di dicembre. Ha nevicato da poco, l’aria è fredda ma sembra essere una bella giornata di sole, il meteo promette temperature ben al di sotto dello zero, ma sembra esserci una finestra di qualche giorno di bel tempo. Dobbiamo sbrigarci a raggiungere la cima del passo, perché poi sono previste pesanti nevicate. Nonostante ciò partiamo con calma, tant’è che arriviamo al luogo prefissato per mettere la tenda, un benzinaio a circa 50 chilometri da Erzurum, che già è buio. Decidiamo, per avere meno da fare la mattina dopo, di non montare tutta la tenda, ma solo il telo esterno. Montiamo, cuciniamo e ci infiliamo nel sacco a pelo di piuma, nel tempo più breve possibile. L’aria è davvero fredda e le mani, nonostante i guanti, gelano con estrema velocità, i piedi proprio non ne parliamo. Chiudiamo gli occhi che il termometro segna, alle 6 di pomeriggio, -9. La mattina al nostro risveglio, ogni cosa è congelata, le borse, le bici, l’acqua nelle bottiglie, la condensa sopra al sacco a pelo!

Cominciamo a prepararci con la consapevolezza che saranno giorni difficili. Pedalare e campeggiare con il freddo, affrontare durissime salite e freddissime discese. Ogni giorno è un sudare in salita, coprirsi per la discesa ed uno sbrigarsi a mettersi nella calda piuma e cucinare!

Arriviamo a Göle, una cittadina a “soli” 2000 metri di quota, abbastanza provati dal freddo e dalla fatica delle salite. Sono le 3 di pomeriggio ed il termometro già segna -6. Ci fermiamo vicino ad un market per comprare il pane e qualche rifornimento di cibo per il passo, che è ormai vicino, solo un altro paio di giorni di pedalata. Il proprietario del market ci invita nel negozio per bere un tè caldo, e mentre gli raccontiamo del nostro progetto (dopo 2 mesi di permanenza in turchia, abbiamo imparato abbastanza la lingua da poter spiegare quanto stiamo facendo) ci dice che a suo avviso il passo più alto non è il Cam Geçidi, ma Ilgar Dağı Geçidi, che si trova tra Ardahan e Posof, ultima cittadina turca prima del confine con la Georgia. Ed ora? Cosa facciamo? Decidere è facile, dopo una rapida ricerca su internet scopriamo che l’Ilgar Dağı Geçidi in effetti è alto ben 2550 metri, sarà lui la nostra prossima meta!

Nel frattempo il proprietario del market si è mosso a compassione, e la notte a -15 riusciamo a passarla al caldo delle mura della sua casa. Avevamo proprio bisogno di ricaricare le pile, in vista dei giorni successivi. La mattina cominciamo a pedalare che il termometro ancora segna -10. Fortunatamente il sole ci aiuta a non sentire troppo l’aria gelida, che però rende ghiaccioli i capelli che escono dal cappuccio e i peli della barba di Daniele. L’unica parte del corpo che proprio non riusciamo a scaldare sono i piedi, così siamo costretti ogni tanto a scendere e camminare per qualche minuto, è l’unico modo per ripristinare la circolazione e trovare un poco di sollievo. La sera arriviamo a 30 chilometri dal passo, potremmo proseguire ancora ed accorciare la salita, ma siamo stanchi, anche in questa giornata abbiamo dovuto scalare un passo – sono ben 3 i passi che abbiamo dovuto affrontare da Erzurum per arrivare qui, tutti con pendenze impegnative – ed inoltre appena il sole comincia a scendere il freddo immediatamente aumenta.

Ci fermiamo in un piccolo villaggio per chiedere dove possiamo mettere la nostra tendina e fortuna vuole che la persona a cui chiediamo decida di ospitarci a casa. Si tratta di una famiglia di curdi, trasferitasi in queste dure terre per poter allevare mucche. Il tempo di entrare in casa che il sole è già andato via, sono solo le 4 di pomeriggio e la temperatura è sempre al di sotto dei -10. Guardo il termometro e ringrazio la buona sorte per averci fatto trovare questa famiglia. Sarebbe stato davvero ancora più duro dover affrontare il passo dopo una notte passata a queste temperature. Siamo quasi pronti per il grande giorno..

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