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Entriamo in Laos da nord, da Mohan. E’ la zona più montuosa e povera del paese. Le sterminate foreste di alberi da gomma dello Xishuangbanna ancora non hanno preso il sopravvento sulle infinite e fitte foreste laotiane. Il rumore delle brulicanti città cinesi è sostituito dal silenzio della vegetazione. Appena passato il confine ci rendiamo conto che del mondo che conosciamo non vi è più traccia. Dobbiamo nuovamente imparare a conoscere il luogo che stiamo attraversando, dalla lingua, ai volti, alla cultura, alle strade.

La prima cosa che impariamo è che in Laos ogni piccolo villaggio è dotato di una piccola e semplice struttura scolastica. Solitamente strutture di legno poco stabili e senza corrente elettrica . Ed impariamo che sono posti perfetti per dormire ed avere un riparo dalle consuete piogge notturne. La stagione dei monsoni volge al termine ed inseguiamo la sua fine a mano a mano che procediamo verso sud.

Per la seconda volta in tutto il viaggio attraversiamo il confine in compagnia: Coey e Hong, malesiani ma di cultura cinese, ci accompagnano nelle prime pedalate e salite del Laos. Sono in viaggio da 9 mesi nel sud est asiatico, la loro filosofia, come la nostra, è il viaggiare lentamente e soprattutto evitare i grandi centri urbani dove la vita scorre troppo frenetica e costosa. Pedaliamo quindi assieme fino ad un giorno da Luang Prabang, prima ed unica località turistica nella quale ci imbattiamo.

A Luan Prabang abbiamo appuntamento con Davide, un ragazzo di Milano, che come noi ha lasciato tutto per partire e fare il giro del mondo in bicicletta. Ci siamo rincorsi per tutto il tempo, pedalando strade parallele senza però riuscire ad avere la possibilità di incontrarci. La sfortuna ha voluto che riuscissimo a farlo in Laos. Perchè sfrotuna? Perchè in Cina, una mattina, Davide si è svegliato e aperta la tenda non ha trovato la sua bicicletta! Ma non si è perso d’animo, impacchettati i bagagli è volato a Bangkok, ha acquistato una nuova bici ed ha pedalato all’indietro per coprire i chilometri che aveva saltato con l’aereo. Così facendo ci è venuto incontro. Il furto della bicicletta ha influenzato non solo il viaggio di Davide ma anche il nostro. Campeggiare nei giorni successivi alla terribile notizia, non è stato più così leggero. Il senso di sicurezza che la Cina ci ha sempre dato si è cancellato nel secondo in cui abbiamo saputo del furto. Abbiamo ricominciato a scegliere con cura dove mettere la tenda, ad assicurarci che nessuno ci vedesse né mentre cercavamo un posto né mentre montavamo la nostra casa.

Della Luang Prabang turistica non vediamo nulla, a parte il mercato notturno dove è possibile mangiare a buffet per meno di 2 euro. E’ il primo posto turistico nel quale arriviamo dopo mesi e ci sentiamo terribilmente fuori luogo. Siamo frastornati dalla quantità di backpackers di ogni età che affollano questo posto. Siamo frastornati nel vedere nuovamente i sorrisi ipocriti e la scortesia che il turismo di massa, o meglio il denaro purtroppo genera. Ci eravamo completamente dimenticati cosa significasse “mercato turistico”. A volte però basta girare l’angolo per trovarsi nuovamente nella dimensione più affine alla propria indole. C’è una piccola strada in città, proprio vicino ad uno dei luoghi più turistici, dove ogni mattina si tiene il mercato locale. La differenza salta subito agli occhi, non c’è una faccia occidentale qui e basta girare per il mercato per capire come mai. Questo si articola principalmente a terra, i banconi sono pochi. I prodotti in vendita sono dei più bizzarri visti fino ad ora, ma danno perfettamente un’idea della vita in questo paese. Rane, passeri, falchi, pulcini spennati, pesci minuscoli, piante mai viste, tutto qui diventa commestibile e, onestamente, di cattivo gusto ad un occhio non abituato. Ma girando per il nord del paese si capisce il perché. Non ci sono coltivazioni, la giungla fittissima e la povertà monetaria non lasciano spazio per allevamenti o acquisti. I locali magiano ciò che la natura offre, sia animale che vegetale.

Una notte ad esempio, stavamo montando la nostra tenda nel buio più totale a ridosso della giungla. Pensavamo di aver trovato un luogo tranquillo, invece all’improvviso dal nulla esce un uomo. Cerchiamo di chiedergli cosa fa da queste parti a quest’ora. E lui, in qualche modo, ci spiega che sta andando a caccia. Di cosa, non riusciamo a capirlo. Prova a mimarcelo: piccolo, si nasconde tra i cespugli, si muove solo di notte, salta ed il verso è tipico degli animali feroci. Ovviamente non capiamo assolutamente di cosa stia parlando, un coniglio feroce? Il mistero si svela il giorno successivo, quando a lato strada vediamo una venditrice ambulante che in bella mostra ha le prelibatezze del luogo, tra cui il Civet Cat!

Così è la vita qui. C’è chi può permettersi di allevare maiali e chi invece spenna passerotti. L’etica qui non esiste, esiste solo la sopravvivenza.

Pedalare in questa parte del paese è davvero piacevole. La strada principale è completamente asfaltata, opera recente dei vicini cinesi. Due semplici corsie che si inerpicano tra verdi e tortuose montagne. Ai lati della strada sorgono continui, piccoli villaggi.
Palafitte di legno, l’una accanto all’altra, composte da un unico grande stanzone nel quale vivono famiglie numerose. La vita si svolge completamente in strada. Galline, maiali, bambini ed adulti si muovono nel piccolo lembo di terra che separa l’asfalto dalla giungla o dai pochi campi coltivati.

Alle 4 del pomeriggio, prima che la giornata volga al termine, uomini e donne cominciano un rituale meraviglioso. Le donne avvolte in un colorato pareo, sciolgono i loro lunghi capelli ed in gruppi si lavano nei punti di acqua del villaggio. Il profumo di shampoo, i sorrisi, l’allegria della condivisione di un momento così semplice della nostra vita, riempiono le strade. Pedaliamo e respiriamo leggerezza.

Il Laos ci riporta ad una dimensione umana della vita. Fatta di ritmi lenti, momenti semplici, condivisione, spensieratezza.

Ogni mattina, puntuali, frotte di ragazzi e ragazze, bambini e bambine, si muovono vivacemente in bicicletta o a piedi. Non c’è salita o distanza che fermi questa gioviale marcia e noi non possiamo fare a meno che prenderne parte. Pedaliamo tra di loro e ci rendiamo conto di quanto sarebbe bello fare altrettanto nelle nostre città; quanto sarebbe bello vedere per Roma questo fluire di gioventù, libero, per le strade. Senza adulti, senza caschi obbligatori, senza polemiche, senza restrizioni. Naturale come il corso di un fiume.

Scesi dalle montagne ci ritroviamo a pedalare lungo il Mekong. Le strette ed impegantive gole della Cina, hanno lasciato il passo a dolci sponde. Qui al confine con la Tailandia il fiume è davvero ampio.
Ogni tanto ce ne allontaniamo per percorrere quello che non molto tempo fa fu uno scenario di guerra atroce. L’effetto dei bombardamenti è ancora evidente.
La foresta non c’è più, al suo posto sorgono recinti e cartelli di divieto di accesso a causa delle mine anti-uomo.

A Savannahket ci uniamo finalmente anche con Alessandro e Stefania, i Godimundi, una coppia tosco-valtellinese che in tandem sta girando il mondo. Per la prima volta viaggiamo in compagnia, e che compagnia! E’ bello condividere esperienze, ricette, decisioni, consigli, risate e discussioni.

Senza dubbio uno dei posti più belli del Laos che abbiamo visitato, dopo le montagne, sono le quattromila isole del Mekong. Un insieme di isolotti al confine tra Laos e Cambogia. Raggiungiamo l’isola di Don Det con una piccola titubante imbarcazione che, nonostante l’aspetto, riesce a caricare il tandem e le nostre biciclette cariche.

L’idea era di stare sull’isola un paio di giorni, ma il posto è così rilassante ed i tramonti così spettacolari che finiamo per fermarci più a lungo.

Se dovessero chiedermi quale paese consiglierei per un cicloviaggio che comprenda avventura e scambio culturale, senza dubbio direi il Laos. Basta uscire dalla strada principale per trovarsi in sterrati impegnativi, basta andare lentamente per immergersi nella vita e nella cultura di questo luogo. E poi il sorriso dei bambini, la gioia sincera dei laotiani, sono da vivere prima che tutto venga inghiottito dall’avanzata dell’occidente e dalla sua frenesia.

E’ un paese che lentamente si sta riprendendo e come la stragrande maggioranza dei paesi in via di sviluppo deve fare i conti con un altissimo livello di corruzione. Il divario è evidente. Le strade sono praticamente deserte, le uniche macchine che ogni tanto incrociamo sono dei fuoristrada di ultima generazione. Case fatiscenti si affiancano a ville in muratura. Possiamo solo immaginare a chi appartengano.

Alla frontiera con la Cambogia l’ufficiale di turno ci chiede 2 dollari per poter mettere il timbro di uscita. Nessun cartello ufficiale informa di questo pagamento. Lo facciamo presente all’ufficiale il quale ci dice che o paghiamo o non ci mette il timbro sul passaporto.
Diciamo allora che siamo disposti a pagare se però ci rilascia un ricevuta ufficiale dato che dobbiamo renderne conto alla nostra ambasciata.
Ci dice allora di attendere. Passati 10 minuti ci chiama allo sportello e senza proferire ulteriore parola ci mette il timbro. Ci vuole poco a capire cosa ci stavano chiedendo in realtà. Ma questo episodio non cancella la pulizia, la sincerità, i sorrisi delle persone che abbiamo incontrato, anzi rafforza la nostra convinzione, basata sull’esperienza, che le “cattive” persone sono davvero una minima parte, una parte purtroppo troppo potente.

Brevi fatti sul viaggiare in Laos:

– Se non sapete dove mettere la vostra tenda, chiedete nelle scuole. Solitamente gli insegnati sono molto disponibili e gli alunni molto contenti di avere viaggiatori con cui giocare. Sono posti molto basilari e l’acqua che utilizzano è spesso quella piovana. Per avere qualche informazione in più sulle condizioni delle scuole potete leggere questo articolo.

– I mercati locali sono meravigliosi, si può acquistare qualsiasi ben di dio e si aiuta l’economia locale. Se poi mentre pedalate sentite in lontananza un campanello o una musica da carillion, fermatevi e gustate qualcuna delle prelibatezze (semplici) dei tanti venditori ambulanti che coprono le strade del paese.

– L’acqua è un enorme problema. Mentre nelle montagne si trova acqua di sorgente sgorgare ai lati della strada, in pianura questa diventa una rarità. A mano a mano che si scende dalle montagne le fontane costruite da potenti ONG rimettono acqua al limite del bevibile. Meglio avere con se un filtro oppure, se se ne ha la capacità, acquistare i bidoni da 20 litri che ogni piccolo negozio possiede.

– Se si esce dalla strada principale il più delle volte si finisce su dell’ottimo sterrato di terra rossa.

– Lasciatevi travolgere dalla lentezza. Non abbiate fretta, fermatevi, osservate ciò che accade e siate parte di esso. Capirete che non c’è niente di male nel non fare niente.

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