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Usciamo dalla Slovenia percorrendo molta della strada lungo la Sava, strada bellissima a tratti in profonde gole circondate da fitti boschi. Lasciamo il fiume per prendere la via che ci porterà in Croazia, dove abbiamo appuntamento a Zapresic con gli zii di una cara amica di Daniele. Angela era coinquilina di Daniele a Madrid, saputo del viaggio ha scritto a tutti i suoi parenti in Croazia per chiedere loro di darci ospitalità, e tutti hanno risposto positivamente. Peccato che non tutti siano di strada! Lo sono però Lucja e Stjepan, a Zapresic, poco chilometri da Zagabria. Angela ci avvisa che non parlano inglese, e la cosa in fondo ci fa piacere. Dobbiamo testare la nostra capacità di comunicare in una lingua che non conosciamo affatto. Siamo pronti con il traduttore automatico di google e con il nostro saper gesticolare. Arriviamo da loro nel tardo pomeriggio. Come ci vedono passare davanti casa si catapultano in cortile per accoglierci, letteralmente a braccia aperte e con degli enormi sorrisi! Nonostante la difficoltà linguistica riusciamo lo stesso a capirci, Stjepan cerca di insegnarci parole in croato. È un insegnante bravissimo! Impariamo a dire poco “malo” e tanto “veliko”, buona notte e altro ancora. Da principio volevano fermarci da loro solo una notte e poi trovare un alloggio a Zagabria per girare un po’ la città. Ma la cucina da ristorante 5 stelle di Lucja ed il calore di tutta la famiglia Volar, ci convincono a restare da loro e visitare Zagabria accompagnati da Dejan, che ha chiesto un giorno di ferie per stare con noi e farci da Cicerone. La mattina visitiamo quindi Zapresic, cittadina nuova di zecca, le cui case ricordano tanto i telefilm americani della nostra adolescenza.

Scopriamo infatti che sono state tutte costruite da un architetto canadese. Veramente un effetto strano ai nostro occhi, siamo in Croazia ma ci sembra l’America. Ed è tutto così stranamente nuovo, per noi che veniamo da una città antica è davvero sorprendente. La Crozia la ritroviamo nuovamente nel pomeriggio quando, dopo aver mangiato un gulasch straordinario cucinato dalle sapienti mani di Lucja (in cucina dalle 8 del mattino, solo per noi!), andiamo a Zagrabia. Bellissima città. Ci colpiscono i tantissimi bar e caffè che riempiono le strade centrali (tutte rigorosamente pedonali e accessibili a biciclette) pieni di persone. Si percepisce una città viva, pulsante, attiva. Lasciamo la famiglia Volar con lo stomaco ed il cuore gonfi. Lucja ha contattato la sorella, Lidja, a Slatina per farci ospitare.

Nella strada per Slatina, troviamo modo di bivaccare in un bellissimo bosco dove possiamo testare le nostre fantastiche sedioline pieghevoli, comprate in un negozio outdoor di Ljubljana. Dobbiamo dire che le sedioline hanno completamente cambiato la qualità del campeggio libero, altamente consigliate! L’accoglienza a casa di Lidja è al pari della famiglia Volar. Siamo sempre più convinti che usciremo dalla Croazia con almeno 2/3 chili in più! Da Slatina ci dirigiamo finalmente verso il Danubio. L’idea è dormire in un boschetto a qualche chilometro da Osijek, lungo le rive della Drava. Perdiamo del tempo lungo la strada per ammirare uno dei tanti tramonti spettacolari che ci regalerà questo paese. Ad ovest il cielo è infuocato dal sole al tramonto, i cui colori arrivano fino ad est dove accendono i campi di grano di un arancione caldo, in completo contrasto con il cielo carico di nuvole nere. Quando arriviamo al bosco è già quasi buio, ed abbiamo giusto il tempo di vedere che gli effetti dell’esondazione della Drava ancora non sono passati, il bosco è un enorme acquitrino. Il dispiegamento poi di militari e vigili del fuoco ci fa capire che l’emergenza non è ancora rientrata. Dobbiamo quindi trovare un posto per dormire e nel frattempo è diventato buio. Le uniche strutture ricettive sono ad Osijek, che sembra ora troppo lontana. Decidiamo comunque di avviarci, non abbiamo al momento molte alternative. Lungo la strada incrociamo un campo da calcio, con un bar. Ci avviciniamo per chiedere al proprietario se possiamo in caso mettere in un angolo la nostra tenda. Lasciamo quindi le bici e ci avviamo all’ingresso del bar, un ragazzo ci vede ed esce sorridendo, parla poco inglese ma gli facciamo capire che stiamo cercando un posto per dormire. Lui non esita un secondo e dice “Dormite qui! Mettete la tenda dove volete!” Ci ha offerto un piatto di salumi, in più, visto il freddo, voleva lasciarci le chiavi del bar per farci dormire dentro. Noi però insistiamo per dormire fuori sotto il portico vicino all’ingresso del bar, ci dispiace approfittarne. Cominciamo a sistemarci mentre ancora arrivano clienti al bar, lui premurosamente ci spegne la luce del portico e siccome la gente dentro fa troppa confusione chiude la porta del piccolo caffè. Tanta premura da una persona totalmente sconosciuta non può che lasciare di stucco.

Arriviamo la mattina dopo ad Osijek, piccola cittadina lungo le sponde della Drava. Come tutte le cittadine incontrate ci colpisce il centro pedonale, curato e pieno di vita. Ci colpisce che anche nel più piccolo dei paesi ci sia una totale attenzione agli spazi dedicati alle persone e alle biciclette. Lasciamo Osijek per spingerci verso il Danubio, al confine con la Serbia. La strada che percorriamo attraversa sterminati campi coltivati, in ogni direzione lo sguardo può arrivare senza interruzione fino all’orizzonte più lontano sopra ciuffi di mais, girasoli o terra in fase di semina. I campi sono interrotti ogni tanto da piccoli villaggi o da case abbandonate. Qualcuna con segni evidenti del recente conflitto, infatti più ci avviciniamo al confine con la Serbia più questi segni sono evidenti.

Mentre pedaliamo attraverso i campi, non possiamo infatti non pensare e come doveva essere questo paesaggio 24 anni fa. Il pensiero della guerra irrompe definitivamente a Vukovar, dove il conflitto ha inferto sul popolo Croato una grossa ferita. A ricordare quei giorni è stata lasciata in piedi la torre dell’acquedotto, ancora trivellata dai colpi. Per il resto la cittadina è stata completamente ricostruita, ed ora è un posto bellissimo lungo le rive del Danubio. In Croazia poco abbiamo sentito sulla guerra, Stjepan solo ha fatto cenno allo scambio di case avvenuto tra serbi e croati allo scoppio del conflitto. Scambio vero e proprio, per cui ad esempio la casa in cui vive Lidja (che ci ha ospitato a Slatina) era prima di una famiglia serba che ora vive nella casa in cui prima era Lidja, in Serbia. Scambio avvenuto in maniera assolutamente pacifica (almeno così ci viene riferito) per cui inevitabilmente ci sorgono molti dubbi sulla natura del conflitto.

Prime immagini della Serbia

Dubbi che si amplificano una volta passati in Serbia, a Backa Palanka. Appena superato il confine ci rendiamo conto che stiamo entrando in un paese diverso ma uguale alla Croazia e alla Slovenia, già nella lingua, in pratica identica solo che con caratteri cirillici. È però chiaro che la Serbia è economicamente il paese più debole dei tre. A Backa siamo ospiti di Zoran, contattato tramite Warmshower. Zoran e la madre sono serbi ma hanno casa sia in Croazia, a Vukovar, che in Serbia, appunto a Backa. Ci spiegano che la Serbia è molto più economica della Croazia per cui la mamma va spesso a Backa per fare la spesa. Zoran ha trent’anni, lavora come manovale ed ha potuto comprarsi una casa enorme, completa di orto (che cura lui personalmente) e pollaio. Comprarsi forse non è il termine esatto, dato che la casa la sta costruendo con le sue stesse mani. Ci prepara un piatto di fagioli fantastico, degno dei migliori spaghetti western, cotto in un paiolo direttamente sul fuoco a legna. Peccato che dobbiamo pedalare altrimenti ne avremmo mangiati 5 di piatti di fagioli anziché 4 a testa! A lui pace la vita semplice e si vede, soprattutto si vede la soddisfazione. In lui non c’è quel senso di insofferenza che si incontra tra i trentenni del nostro paese.

Di lui rimarrà impressa questa immagine di serenità e completezza totale: il paiolo sul fuoco, la radio accesa, lui e la mamma seduti l’uno accanto all’altro che si gustano assieme un bicchiere di Rakija in compagnia del piccolo gatto. A proposito se in Serbia o in Croazia vi offrono un bicchiere di Rakija al mattino o prima dei pasti, non rifiutate, innanzitutto perché è maleducazione e poi perché pare sia un elisir di lunga vita, tra l’altro è davvero buona! Ma questo è solo il principio del nostro passaggio in Serbia.

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